Dalla Pittura Realista Impressionista all’avvocato

Intervista a Roberto Molteni – pittore

“Il blu nelle sue varianti è il colore che mi appartiene di più…”

Ben ritrovato Roberto e grazie per aver acconsentito a questa intervista, un modo per farti conoscere di più dai nostri lettori.
Ti abbiamo conosciuto all’inaugurazione di una Mostra d’Arte importante a Venezia, alla Venice Art Gallery in corrispondenza con la presentazione di un libro della scrittrice Anna Giuliano. Per chi non ha avuto il piacere di incontrarti, voi presentarti e parlarci brevemente un po’ di te come artista?
Anzitutto grazie Monica per questa opportunità che mi dai per farmi conoscere. Sono semplicemente Roberto, di professione ufficiale “Avvocato di Provincia” (esercito nel piccolo foro di Lecco), ma in verità la giurisprudenza non è la mia unica, e nemmeno prima, passione.
Adoro tutto ciò che ha a che fare con la neve, lo sci, i paesaggi e gli sport invernali. Detesto il caldo e l’estate.
Ho sempre avuto, sin da piccolino, la passione per l’arte e la poesia, e grazie alla mia maestra delle scuole elementari, che purtroppo è mancata presto, ho potuto coltivare queste arti parallele nel quaderno che lei aveva inventato per gli scolari più creativi, ossia il “Quaderno dei lavori Liberi”, in cui mi piaceva scarabocchiare disegni di sciatori, auto sportive, e scrivere poesie.
E’ anche merito suo se ora sono qui con te, a poter descrivere la mia arte.

-Ma chi è Roberto nella vita di tutti i giorni che si divide, fra casa e lavoro?
Credo di averti già risposto, e quindi non voglio rubarti altro spazio, e soprattutto tempo, che è davvero prezioso (se davvero il Tempo esiste…).
Posso solo aggiungere che, durante la settimana lavorativa, sono un avvocato civilista, (mi occupo solo sporadicamente di penale) e che i miei settori sono forse ciò che di più arido, in prima battuta, ci si potrebbe aspettare. Diritto tributario e diritto commerciale.
Ciò, per reazione uguale e contraria, mi dà una grande forza per dipingere soprattutto di sera e nel fine settimana, che dedico quasi completamente all’arte.

-Non tutti sanno che oltre alla tua passione per l’arte sei molto apprezzato come Avvocato nella tua città, Lecco. Secondo te ci potrebbero essere dei legami fra la tua passione e il tuo lavoro?
In effetti penso non ci siamo molti legami espliciti tra la giusperizia (o meglio la giurisprudenza) e la pittura. In passato ci sono stati molti artisti che oltre che pittori, erano fini letterati, ma non credo avvocati…
L’unica cosa che mi viene da dire è che, al di là delle fredde regole, al dì la del Bene e del Male, cerco di mettere la massima passione nel mio lavoro e nel mio cimento, che sia una causa o una tela, poco importa.
Ciò che conta per me è l’humanitas, che si sta purtroppo perdendo sempre più, in quest’epoca dominata dalla Techne.
Spesso e volentieri i casi che affronto, in ambito civile, sembrano persi in partenza, ma a me piace ricordare spesso il motto che mi accompagna anche quando dipingo:
Io inizio dove gli altri finiscono”.
Un po’ arrogante, vero?

-Come ti sei avvicinato alla pittura e cosa rappresenta l’arte per te?
Come ti dicevo, mi è sempre piaciuto scarabocchiare, anche se, da adolescente, preferivo esprimermi attraverso la poesia, piuttosto che la pittura. Ho infatti pubblicato un libello di poesie giovanili, dal titolo “L’artificiale Assoluto”.
Questo perché per ben dipingere mi mancavano le basi tecniche, mentre la poesia la sentivo innata… nessuno mi ha insegnato a scrivere, seguivo solamente i pensieri, spesso in versi, che danzavano nella mia testa, quasi sempre con rime ed assonanze.

-Quali sono i maestri e gli artisti a cui guardi?
Anche se ti sembrerà strano, ho studiato al liceo scientifico, e non all’artistico, come mi sarebbe piaciuto… Quindi la tecnica pittorica l’ho appresa solamente pochi anni fa, allorché ho frequentato, con mia moglie, dei corsi di pittura tenuti dal maestro Vittorio Martinelli, pittore manzoniano ed uno dei più noti iperrealisti italiani.
Martinelli è quindi stato il mio maestro, mentre fonte di ispirazione sono da sempre gli impressionisti, in particolare Van Gogh.

-Ti definisci un artista del realismo impressionista, mantieni quindi l’idea della bellezza pura, vera, un discorso analitico da approfondire. Indaghi sui limiti, funzione, sul significato della pittura impressionista del ‘800, qual è quindi il tuo modo di esprimerti attraverso l’arte e cosa cerchi di comunicare?
Bene, la mia filosofia pittorica si è formata a contatto con Vittorio Martinelli. Lui però ha avuto il suo approdo nell’iperrealismo, che però a me lasciava un “non so che” di inappagante, di inespresso.
Il mio pensiero è infatti che l’iperrealismo, alla fine, si riduce ad un difficilissimo esercizio di tecnica, in cui l’uomo si trova a competere con la macchina fotografica e con le tecnologie digitali.
Pertanto, se l’anelito dell’iperrealismo è la pittura con perfezione fotografica, non si riduce in verità ad uno sterile esercizio in cui la Techne, in continuo progresso, ha facilmente la meglio?
Penso che a partire dal tardo ottocento e dai primi del ‘900 nell’arte sia entrata a gamba tesa la tecnica, che ha poi finito per prevalere.
Per questo motivo cerco di riannodare i fili della narrazione partendo da dove credo di sia interrotta, ossia, a mio modo di vedere, dall’impressionismo.

-Da sempre l’essere umano è attratto dal colore tanto da renderlo il protagonista non solo di una infinità di opere che hanno contraddistinto l’espressività di intere generazioni. Cosa può rappresentare a tuo giudizio a livello di personalità e di psicologia il colore, la materia in un’opera d’arte?
Il colore è il sentimento, l’humanitas. La Natura ci dona le forme… l’artista con la sua percezione ci mette il colore.
Io in particolare ci metto il blu, nelle sue varie tonalità, sfumature, essenze ed eccezioni.

-Fino alla metà del XVII secolo, era di opinione comune che la luce fosse una entità omogenea, capace di differenti “qualità” secondo la sua interazione con la materia, ma che rimanesse essenzialmente illuminante e con un unico comportamento. Modificata da rifrazioni e riflessioni, la luce generava le diverse percezioni di colore e questo punto di vista viene detto “modificazionismo”. Tu cosa intendi quando parli di Modificazionismo?
Grazie Monica per questa domanda.
Non so però se saprò essere all’altezza nella risposta.
Anche perché, sommessamente, da artista ed avvocato di provincia, mi dovrei confrontare con Newton, uno dei padri nobili della moderna scienza.
Orbene, proprio Newton ha introdotto per primo il concetto di “Modificazionismo”, come tu hai ben illustrato.
Il paradosso è che questa concezione ha avuto poco seguito nella scienza (che difatti diverrà sempre più “oggettiva” e meno “percettiva”) ed ancor meno nell’arte.
La mia personale e, credo oggi originale, idea di Modificazionismo è che compito e dovere dell’artista è il recepire, senza alcuna deformazione (o forse, meglio ancora, perversione) le forme perfette donateci dalla Natura ed in questo senso le forme che mi ispirano sono le Montagne e le forme della Donna.
La Natura infatti, che si manifesta secondo le regole della Proporzione Aurea, ci dona le forme nella sua essenza… Sta all’artista rappresentarle attraverso la luce particolare, i riflessi e le rifrazioni della sua anima, su carta o su tela, o nella materia, se è scultore.
Non deve deformare la forma già perfetta, proprio perché naturale… L’unica modifica che gli è consentita, per come la vedo, è quella della percezione sensoriale del colore, delle peculiari emozioni.
In questo sta l’essenza del mio Modificazionismo.
Ed è per questo motivo che non dipingerò mai forme deformi, se mi è concesso il calembour, alla maniera di Picasso o di Cezanne, e nemmeno forme perfette senza percezione, come Andy Warhol.
Per non parlare dei paradossi odierni dell’arte contemporanea, che raffigurano brutture con la pretesa di essere arte (i cessi o le banane…) o addirittura pixel di computer.

-Mi hai parlato a lungo di Modificazionismo spiegaci brevemente che cos’è per chi non lo conoscesse e qual è il tuo punto di vista a riguardo?
Posso dunque riassumere il tutto in un aforisma.
Forma naturale e colore della percezione.

-Che messaggio vuoi diffondere attraverso le tue opere? Ce n’è uno che tieni a trasmettere in maniera particolare e, se sì, perché?
Non voglio diffondere messaggi particolari, se non il piacere.
Ed è anche in questo senso che per me la vera arte ha avuto una battuta d’arresto nel tardo ‘800.
Il piacere, per come lo intendo, non può essere slegato dalla proporzione, dalla natura, e dalle sue forme ancestrali.
Il resto mi pare davvero una perversione, a tutti i livelli.

– Per te l’arte è ricerca continua? Nuove tecniche, nuove soluzioni, nuove ricerche?
Come avrai potuto notare, più che una ricerca di nuove tecniche, l’arte per me è un riannodare i fili del passato da dove è stato interrotto dal meccanicismo, dallo scientismo e dalla Techne… La sensibilità odierna, più individualista, mi ha fatto riscoprire l’impressionismo, che nella mia filosofia approda appunto nel Modificazionismo.

-Nel libro “Amore e Psiche” di Anna Giuliano una scrittrice che abbiano potuto conoscere e apprezzare, hai inserito in ciascuno dei sette capitoli un tuo dipinto, come è nata questa collaborazione e come vi siete conosciuti?
E’ nata grazie ai “social” e forse grazie anche alla pandemia Covid 19.
L’anno scorso infatti, a causa di un infortunio al braccio, sono stato ricoverato per quasi due settimane in ospedale, in attesa dell’intervento chirurgico, senza poter aver contatti con nessuno.
Navigando in internet mi sono quindi per caso imbattuto (ma nulla accade per caso??), nella figura di Anna Giuliano che aveva appena pubblicato il suo romanzo d’esordio “L’intreccio Amore e sesso”.
Ho voluto sin da subito leggere questo romanzo dal titolo così accattivante e provocatorio e perciò ho contattato su FB la scrittrice per averne in tempi brevi una copia.
Ebbene, non appena ho finito di leggere questo libro così originale, sia per forma che per registro espressivo, ho ricontattato Anna che mi ha confidato di avere in preparazione il sequel del primo romanzo e che aveva l’ambizione di farlo illustrare, in una commistione tra letteratura e pittura. A questo punto non mi è bastato altro che propormi e così è nata la nostra amicizia e collaborazione che ha portato alla stesura e alla successiva pubblicazione de “L’intreccio Amore e Psiche” .

-Qual è il sentimento che la domina nel momento in cui ti appresti a creare una nuova opera?
Mi piacerebbe sapere innanzitutto su cosa stai lavorando.
Il sentimento è il trasporto sensuale verso la bellezza della Natura, della montagna e della donna in particolare. Da lì scaturisce la mia percezione che trasporto su tela, in tratti istintivi, a volte aggressivi, ma comunque passionali.
Sto lavorando alla ricerca di espressioni iconiche di questo Stato di Pandemia, facendo tra l’altro una ricerca un poco astratta su “tagli del colore”. Un tempo c’era chi tagliava le tele… io vorrei preservare la struttura della tela… tagliando appunto “solo” il colore.
Un giorno, ma credo sia ancora un po’ lontano, mi piacerebbe illustrare con i miei dipinti e pubblicare il romanzo “Mala Strana” che ho scritto in bozza qualche anno fa, ma è tutt’ora inedito, tanto è vero che ancora adesso, di tanto in tanto, ci metto mano…

-Come nascono le tue opere? Sono il frutto di continue riflessioni o di improvvise ispirazioni? Parti dal titolo o lo attribuisci a lavoro terminato?
Le mie opere nascono innanzitutto dall’osservazione e dal rispetto della Natura. Il titolo poi viene quasi da sé… durante le stesure. E prima di dipingere i tratti finali l’opera è già lì che mi chiama con il suo nome.

-Ricordo che scherzosamente, dopo aver visto un tuo autoritratto, di averti definito come un poeta maledetto, gli scapigliati, riferimenti culturali tra l’altro della tua giovinezza da studente universitario. I poeti maledetti erano per la società dell’ottocento degli emarginati, a causa della loro vita dissipata, per la povertà, il disagio, la depressione, uso di stupefacenti, alcolismo, denutrizione e per il loro aspetto poco piacevole.
Pensi che la pittura come nella poesia, il saper trasmettere le proprie frustrazioni o il proprio malessere possa rendere l’artista più profondo, più vero e quindi dare alle opere quella autenticità inaspettata e comunicativa rendendole uniche? O pensi che il pittore, come il poeta esistenzialista debba essere convenzionale alla società in cui apparteniamo per essere alla fine compreso e apprezzato?
Non sono così maledetto, almeno ora. Forse qualche anno fa, quando avevo i capelli lunghi… Mi è rimasta credo, la voglia di immergermi nel profondo dell’animo, per succhiare odori, sapori, colori ed essenza dell’arte, e quindi della vita.
Penso di essere fortunato ad avere una sensibilità letteraria, perché disegno e parola, e quindi poesia, sono le forme più immediate, pure e quindi incontaminate di espressione umana, troppo umana, come direbbe Nietzsche. Per questo motivo, soprattutto nei mala tempora odierni, penso che l’arte non possa essere convenzionale, perché ciò vorrebbe dire essere servente della Techne.

-Concludendo e salutando i nostri lettori, cosa pensi, data la tua esperienza nel mondo dell’arte, di consigliare a un giovane esordiente?
Sono un pessimo maestro, tanto è vero che né come artista, né tantomeno come avvocato, ho mai avuto né mai vorrò avere dei praticanti.
Egoismo? Forse.
Edonismo? Anche.
L’unica cosa che posso quindi consigliare è sentirsi e godersi appieno, nel rispetto della propria Natura.
E di fottersene di tutto il resto.

-Grazie per questa breve chiacchierata e arrivederci alla tua prossima esposizione.
M° Monica Isabella Bonaventura

By Monica Isabella Bonaventura  – 05/12/2021